Le accuse

3 agosto 1792:
Lettera di Luigi XVI all'Assemblea nazionale


Circola, Signor Presidente, da qualche giorno uno scritto intitolato Dichiarazione di S.A.S. il Duca di Brunswick Lunebourg, comandante delle armate unite di L.L.M.M. l’Imperatore e il Re di Prussia. Questo scritto non presenta nessuna caratteristica che potrebbe garantirne l’autenticità. Non è stato inviato da nessuno dei miei Ministri nelle diverse Corti di Germania che maggiormente sono vicine alle nostre frontiere. Ciononostante la sua pubblicità mi è sembrato esigesse una nuova dichiarazione dei miei sentimenti e dei miei principi.

La Francia si vede minacciata da una grande riunione di forze. Riconosciamo il bisogno di riunirci. La calunnia con fatica crederà alla tristezza del mio cuore alla vista dei dissensi che esistono e delle disgrazie che si preparano. Ma coloro che sanno ciò che valgono a miei occhi, il sangue e la fortuna del Popolo, crederanno alle mie inquietudini e ai miei dispiaceri. Ho portato sul Trono sentimenti pacifici, perché la pace, il primo bisogno dei popoli, è il primo dovere dei Re. I miei vecchi Ministri sanno quali sforzi ho fatto per evitare la guerra. Ho sentito come la pace fosse necessaria; ella sola poteva schiarire la Nazione sulla nuova forma del suo Governo; ella sola, risparmiando delle disgrazie al Popolo, poteva farmi sostenere il ruolo che avrei voluto prendere in questa rivoluzione. Ma ho ceduto al parere del mio consiglio, al voto manifestato da una gran parte della Nazione e più volte espresso dall’Assemblea.

La Guerra dichiarata, io non ho trascurato nessuno dei mezzi per assicurarne il successo. I miei Ministri hanno ricevuto l’ordine di unirsi con i comitati dell’Assemblea Nazionale e con i Generali. Se l’avvenimento non ha ancora risposto alle speranze della Nazione, non ne dobbiamo accusare le nostre divisioni interne, i progressi dello spirito di partito, l’estensione delle nostre frontiere e soprattutto, l’età delle nostre armate, che avevano ancora bisogno di esercitarsi prima di essere mandate a combattere.

Ma la Nazione vedrà crescere i miei sforzi con quelli delle Potenze Nemiche. Io prenderò insieme all’assemblea tutti i mezzi per fa si che i mali inevitabili della Guerra siano vantaggiosi per la sua gloria e la sua libertà. Ho accettato la Costituzione: la maggioranza della Nazione l’ha desiderata. Ho visto che faceva la sua felicità, e questa felicità è l’unica occupazione della mia vita. Dal quel momento, mi sono dato la Legge di essergli fedele, e ho dato ordine ai miei Ministri di tenerla come sola regola per loro condotta. Solo, non ho voluto mettere le mie ragioni al posto dell’esperienza, né la mia volontà al posto dei miei giuramenti.

Ho dovuto lavorare per la felicità del Popolo, ho fatto quello che ho dovuto, è abbastanza per il cuore di un brav’uomo. Mai mi si vedrà fare con la gloria o gli interessi della Nazione, ricevere la Legge degli Stranieri o quella di un Partito. E’ alla Nazione che mi dono, sono tutt’uno con Lei,nessun interesse me ne saprà separare, ella sola sarà ascoltata, manterrò fino al mio ultimo sospiro l’indipendenza Nazionale. I pericoli personali non sono niente paragonati ai mali pubblici. Ed è un pericolo personale per un Re vedersi togliere l’amore del Popolo. È questa la vera piaga del mio cuore. Un giorno forse il popolo saprà come la sua felicità mi è cara, come fu sempre il mio solo interesse, e il mio primo bisogno. Che i dispiaceri possano essere cancellati dal più leggero segno di un suo ritorno.
L.





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