Le accuse

20 giugno 1791:
Dichiarazione del Re indirizzata a tutti i Francesi,
alla sua uscita da Parigi


       “Fintanto che il Re ha potuto sperare di riveder nascere l’ordine e la felicità del regno grazie ai metodi impiegati dall’Assemblea nazionale e dal proprio soggiorno presso quest’ Assemblea nella capitale del regno, nessun sacrificio personale gli è costato, non avrebbe nemmeno sospettato l’inutilità data dalla mancanza completa di libertà che intacco’ i progressi fatti dopo il mese dell’ ottobre 1789, dato che la speranza era al colmo.
Ma oggi che la ricompensa di tanti sacrifici è il veder la distruzione della regalità, veder tutti i poteri misconosciuti, le proprietà violate la sicurezza delle persone messa ovunque in pericolo, i crimini restare impuniti ed un’anarchia completa stabilirsi al di sopra delle leggi, senza che l’apparenza di autorità donatale dalla nuova Costituzione sia sufficiente a riparare ad uno solo dei mali che affligge il regno, il Re, dopo aver solennemente protestato contro tutti gli atti emanati durante la sua prigionia, crede di dover mettere sotto gli occhi dei Francesi e di tutto il Mondo l’insieme della sua condotta e quella del Governo che si è stabilito nel Regno.

       "Si è vista Sua Maestà , nel mese del Luglio 1789, al fine di allontanare ogni motivo di sfiducia, fece rinviare le truppe che non aveva chiamato presso la propria persona se non quando scintille di rivolta si erano già manifestate a Parigi e nello stesso reggimento delle guardie. Il Re forte della propria coscienza e della rettitudine delle proprie intenzioni, non ha temuto di venire da solo tra i cittadini armati della capitale.

       "Nel mese di Ottobre dello stesso anno il Re, avvertito dopo molto tempo dei moti che i faziosi cercavano di provocare nelle giornata del 5 fu avvertito sufficientemente in tempo per ritirarsi dove avrebbe preferito, ma temette che ci si sarebbe serviti di questo passo per provocare la guerra civile; avrebbe prefereito sacrificarsi personalmente e , cio’ che era ancor più straziante per il suo cuore, mettere in pericolo la vita delle persone che gli erano più care.
Tutti conoscono gli avvenimenti della notte del 6 Ottobre e l’impunità che li copre da due anni, Dio solo ha impedito l’ esecuzione di più grandi crimini ed ha allontanato dalla nazione francese una macchia che sarebbe stata indelebile.

       "Il Re cedendo al volere manifestato dall’armata dei Parigini, venne a stabilirsi al castello delle Tuileries.Era da più di cent’ anni che i re non ci abitavano più regolarmente, ad eccezione del periodo della minore età di Luigi XVI.
Niente era pronto per ricevere il Re e lo stato dei vecchi appartamenti era ben lontano dal procurare le comodità alle quali Sua Maestà era avvezzo nelle altre residenze reali, di cui era facile gioire.Malgrado l’obbligo e gli incomodi di tutti i generi che seguirono il cambiamento di dimora del Re, fedele alla condotta di sacrificio che Sua Maestà si è addossata per la tranquillità pubblica, credette , l’indomani del suo arrivo a Parigi, di dover rassicurare le province sul soggiorno nella capitale, ed invitare l’ Assemblea ad avvicinarsi a lui, venendo a proseguire i lavori nella medesima città.

       "Ma un sacrificio più penoso era riservato al cuore di Sua Maestà; fu necessario che allontanasse da sè le Guardie del corpo delle quali aveva avuto recentemente una grande prova di fedeltà nella funesta mattina del 6:due morirono vittime del loro attaccamento al Re ed alla sua famiglia, e molti altri furono feriti gravemente nell’esecuzione precisa degli ordini del Re , che aveva loro proibito di sparare sulla moltitudine smarrita.
L’arte dei faziosi è stata talmente grande da far apparire sotto delle tinte così fosche una truppa così fedele e che aveva appena dato un’ulteriore prova alla buona condotta che aveva sempre tenuto.
Ma non era contro le guardie del corpo che erano dirette le loro intenzioni, ma contro il Re stesso.Lo si voleva isolare completamente privandolo del servizio delle sue guardie del corpo delle quali non si erano potuti traviare gli animi, come si sarebbe riusciti a fare in con quelli del reggimento delle Guardie Francesi che poco tempo addietro era il modello dell’esercito.

       "È ai soldati di questo reggimento divenuto truppa al soldo di Parigi, ed alle Guardie Nazionali volontarie della stessa città , che la Guardia del Re è stata affidata.Queste truppe sono del tutto agli ordini della municipalità di Parigi che sceglie il comandante generale.Il Re si è ritrovato prigioniero nel proprio Stato., dato che come si puo’ definire altrimenti lo stato di un Re che non comanda la prorpia Guardia se non per questioni di parata che non assegna incarichi e che è anche obbligato a vedersi circondato da molte persone di cui conosce le cattive intenzioni nei suoi confronti e nei confronti della sua famiglia?

       "Non è per incolpare la Guardia Nazionale parigina e le truppe del centro, ma per far conoscere l’esatta verità come il Re la vedè, in modo che si renda giustizia allo zelo per il buon ordine e l’attaccamento che in generale questa truppa ha dimostrato per la sua persona, allorchè gli animi sono stati abbandonati a se stessi, per non essersi lasciati traviare dai clamori e dalle menzogne dei faziosi.

       "Ma più il Re ha fatto dei sacrifici per la felicità delle sue genti, più i faziosi hanno lavorato perchè non ne fosse riconosciuto il prezzo, e per presentare la regalità sotto tinte false ed odiose.

       "La convocazione degli Stati Generali, il raddoppiamento dei deputati del Terzo Stato, le pene che il Re ha sopportato per appianare tutte le difficoltà che avrebbero potuto ritardare l’Assemblea degli Stati Generali e quelle che si sono presentate dopo la loro apertura, tutte le riduzioni che il Re avevaq fatto sul proprio appannaggio personale, tutti i sacrifici a favore della sua gente durante la giornata del 23 Giugno, infine la riunione degli Ordini, operata per desiderio del Re, misura che Sua Maestà aveva allora giudicato indispensabileper l’attività degli Stati Generali.Tutte le sue attenzioni , tutte le sue sofferenze, tutta la sua generosità, tutta la sua devozione per il suo popolo, tutto è stato misconosciuto, tutto è stato snaturato.

       "Quando gli Stati Generali si assegnarono il nome di Assemblea Nazionale, cominciarono ad occuparsi della Costituzione del Regno.Ci si ricorderà delle memorie che i faziosi han fatto pervenire da molte procince, e dei moti dei Parigini, per far in modo che i deputati non tenessero fede ad una delle principali clausole inserita in tutti i testi, che stabiliva che la creazione di nuove leggi si doveva fare in concerto con il Re.A dispetto di questa clausola l’Assemblea ha praticamente escluso il Re dalla Costituzione, rifiutandogli il diritto di accordare o respingere la sua sanzione sugli articoli costituzionali, riservandosi il diritto di disporre su questo argomento tutto cio’ che essa giudicava a proposito, limitando a tematiche puramente legislative la prerogativa regale a un diritto di sospensione fino alla terza legislatura, diritto puramente illusorio, come fin troppi esempi ci comprovano.

       "Resta al Re cos’altro se non il vano simulacro della regalità?Gli hanno assegnato 25 milioni per la sua Lista Civile, ma lo splendore della Casa che deve mantenere per far onore alla dignità della Corona di Francia ed i pesi che si è accollato, anche all’epoca in cui questi fondi vennero regolati, lo assorbivano totalmente.Gli fu lasciato l’usufrutto di qualche possedimento della Corona, con molte difficoltà fastidiose per il suo godimento.
Questi terreni non sono che una piccola parte di quelli che i re possedevano dall’antichità, patrimoni riuniti dagli antenati di Sua Maestà.Non si teme di ipotizzare che se tutti questi oggetti fossero riuniti supererebbero di molto le somme elargite per il sostentamento del Re e della sua famiglia, che per questo non graverebbe sul popolo.

       "Un appunto che costa fare al Re è l’attenzione che ha avuto nel separare le questioni di finanza e le altre, i servizi resi al Re personalmente da quelli dello Stato, come se queste cose non fossero indivisibili, come se i servigi resi al Re non lo fossero al Paese. Si esaminano di seguito le diverse parti del Governo:

       "LA GIUSTIZIA Il Re non ha alcuna partecipazione alla stesura delle leggi, ha semplicemente il diritto di intervenire fino alla terza legislatura su questioni non reputate costituzionali, e quello di pregare l’Assemblea di occuparsi di questa o quella questione, senza avere diritto di farne richiesta formale.La Giustizia si applica in nome del Re, le provvigioni dei giudici sono stabilite da lui, ma è soltanto una questione formale,il Re ha diritto solamente alla nomina dei commissari del Re, posti creati ex novo che non hanno che una parte dei compiti dei vecchi procuratori generali, esclusivamente destinati a far rispettare l’esecuzione delle forme; tutta la parte pubblica è riservata ad un altro ufficio di giustizia.Questi posti di commissari sono vita natural durante e non revocabili, mentre la funzione dei giudici non deve durare più di sei anni.
Uno degli ultimi decreti dell’Assemblea priva il Re di una delle più belle prerogative regali, quella di far assegnare e commutare le pene.Per quanto possano essere perfette le leggi, è impossibile che prevedano tutte le eventualità , in tal caso i giudici avranno diritto di concedere la grazia applicando la loro volontà e la legge, anche se le apparenze appaiono contrarie.
Ma tale disposizione non diminuisce la Maestà Regale agli occhi del popolo abituato da molto a ricorrere al Re nel bisogno e nei patimenti, ed a veder in lui il padre comune che puo’ alleviare i suoi affanni.

       "L’AMMINISTRAZIONE INTERNA È interamente nelle mani dei dipartimenti, dei distretti e delle municipalità; competenze troppo disperse che nuocciono al movimento della macchina e che spesso so possono incrociare.Tutti queste corporazioni sono elette dal popolo e non spiccano nel Governo se non per l’esecuzione degli ordini particolari che ne conseguono.D’un lato hanno grazie da elargire, dall’altro i metodi di punizione e repressione per gli errori, come stabilito dai decreti, hanno forme così complesse che ci vorrebbero dei casi veramente straordinari per potersene servire, il che riduce a ben poca cosa la sorveglianza che i ministri devono aver su di loro.
Questi corpi hanno acquisito forza e considerazione e le società degli Amici della Costituzione, che non hanno responsabilità si ritrovano più forti di loro, e l’azione del Governo diventa nulla.
Dopo la loro assegnazione si son visti più esempi della buona volontà di mantenere il buon ordine , non hanno osato servirsi dei mezzi che la legge dà loro per il timore che il popolo fosse sobillato da altre fonti.I corpi elettorali, che non hanno nessun potere se non ristrettamente alle elezioni, traggono una forza reale dalla loro massa, dalla loro durata biennale e dal timore naturale degli uomini soprattutto per quelli che non hanno uno stato fisso, di dispiacere coloro che possono nuocere.

       "La disposizione delle forze militari è per decreto nelle mani del Re.È stato proclamato capo supremo dell’Esercito e della Marina.Ma tutto il lavoro di formazione di queste due armi è svolto dai Comitati dell’Assemblea senza la partecipazione del Re.
Tutto, fino al regolamento della disciplina, è svolto da loro e se resta al Re il terzo o il quarto delle nomine, secondo le occasioni, questo diritto diviene man mano illusorio a causa degli ostacoli e delle contrarietà senza numero che ognuno so permette contro le scelte del Re.Lo si è visto obbligato a rifare tutto il lavoro degli ufficiali generali dell’Esercito perchè queste decisioni non piacevano ai Clubs.Anche cedendo ulteriormente Sua Maestà non ha voluto sacrificare dei militari onesti e coraggiosi ed esporli alle violenze che senz’altro sarebbero state esercitate su di loro, cosa della quale si son avuti fin troppi esempi.
I Clubs e i corpi amministrativi si immischiano nei dettagli interni della truppa che dovrebbero essere assolutamente estranei persino a quest’ ultima.Non avevano che il diritto di requisire la forza pubblica allorchè se ne fosse reso necessario l’utilizzo:Si son serviti di questi diritti a volte anche per contrastare le decisioni del Governo sulla distribuzione delle truppe in modo che è successo più volte che non si trovassero dove sarebbero dovute essere.È solo ai Clubs che si deve attribuire lo spirito di rivolta contro gli ufficiali e la disciplina militare che si spande per molti reggimenti e che se non viene arginato sarà la causa della disgregazione dell’Esercito.
Cosa diviene un’Armata quando non ha più nè capi nè disciplina?Invece di essere la forza e la salvaguardia di uno Stato, ne diviene il terrore e il flagello.Quanti soldati francesi, quando apriranno gli occhi, arrossiranno della loro condotta ed avranno in orrore cio’ che nell’Esercito e nella Marina Francese ha degradato i loro animi ?

Funeste disposizioni quelle che hanno incoraggiato i soldati ed i marinai a frequentare i Clubs! Il Re ha sempre ritenuto che la legge debba essere uguale per tutti; gli ufficiali che sono nel torto debbono essere puniti, come i subalterni, seguendo le disposizioni stabilite dalla legge e dai regolamenti.Tutte le porte devono essere aperte per chi dimostri di meritare l’avanzamento, tutto il benessere che si puo’ dare ai soldati è giusto e necessario.Ma non ci puo’ essere Esercito senza ufficiali e non ce ne saran mai fintanto che i soldati si crederanno in diritto di giudicare la condotta dei loro capi.

       "AFFARI ESTERI La nomina ai posti di ministri nelle Corti Straniere era riservata al Re, oltre che la condotta delle negoziazioni; ma la libertà del Re per questa scelta è nulla come per quella degli ufficiali dell’Esercito, se ne è visto l’esempio nell’ultima nomina. La revisione e la conferma dei trattati, che l’Assemblea nazionale si è riservata, e la nomina di un Comitato diplomatico, distrugge del tutto la seconda disposizione.
Il diritto di fare la guerra non è che illusorio perchè bisognerebbe essere insensati per credere che un Re che non è nè vuol essere despota, vada, di punto in bianco, ad attaccare un altro regno quando il volere della nazione si oppone e non accorda alcun contributo per sostenerla. Ma il diritto di far la pace è di tutt’altro genere,Il Re, che fa tutt’uno con la nazione, che non puo’ avere altro interesse che il suo, che conosce i suoi bisogni e le sue risorse e non teme dunque di prendere decisioni che l e assicurino la felicità e la tranquillità. Ma quando diverrà necessario che le convenzioni subiscano la revisione e la conferma dell’Assemblea nazionale,nessuna potenza straniera vorrà contrarre impegni che possano essere rotti da altri che non siano colui con cui han trattato, e quindi tutti i poteri si concentrano nell’Assemblea stessa. D’altronte per quanta franchezza si metta nelle contrattazioni, è impossibile confidare un segreto ad un’Assemblea le cui deliberazioni sono necessariamente pubbliche!

       "FINANZE Il Re ha dichiarato molto prima della convocazione degli Stati Generali che riconosceva alle Assemblee il diritto di accordare sussidi e non intendeva più tassare il popolo senza il suo consenso.Tutti i testi dei deputati agli Stati Generali erano d’accordo per mettere in atto la ripresa delle finanze in primo luogo tra le cose di cui l’Assemblea si doveva occupare.
Qualcuno aveva posto delle restrizioni riguardo a degli articoli da decidere subito.Il Re ha eliminato le difficoltà che tali restrizioni avrebbero potuto causare, anticipando ed accordando nella seduta del 23 Giugno tutto cio’ che si desiderava. Il 4 Febbraio 1790 il Re ha spinto l’Assemblea ad occuparsi di una questione molto importante; se n’è occupata molto tardivamente ed in un modo che puo’ apparire superficiale. Non c’è ancora un quadro esatto delle entrate e delle dispense, delle risorse che possono servire a colmare il deficit, ci si è lasciati andare a calcoli ipotetici.
L’Assemblea ha deciso di annullare molte imposte le quali, in verità, pesavano molto sul popolo, ma che assicuravano delle risorse.Le ha rimpiazzate con un’imposta praticamente unica di cui l’ammontare esatto potrebbe essere difficile da calcolare. I contributi ordinari sono al momento in passivo e le risorse straordinarie di due milioni di assegnati sono già praticamente esaurite.Le spese dei Dipartimenti della Guerra e della Marina invece di essere diminuite sono aumentate, senza contare quelle degli armamenti necessari nell’ultimo anno.
Per l’amministrazione di questi dipartimenti i congegni sono stati notevolmente moltiplicati, dandone le entrate alle amministrazioni di distretto.Il Re, che per primo non ha temuto di rendere pubblici i conti della sua amministrazione delle finanze, mostrando la volontà che i conti pubblici fossero stabiliti da una regola del governo,ha reso, se possibile, ancora più estraneo questo dipartimento agli altri; le prevenzioni, le gelosie, le recriminazioni contro il governo si sono allargate ulteriormente circa questo affare.
Il regolamento dei fondi pubblici, il recupero delle imposte, le ripartizioni tra i dipartimenti, le ricompense per i servizi resi, tutto è sottoposto al Re ed al lui non resta che qualche sterile nomina, nemmeno gli è concessa la distribuzione di qualche gratifica da dare agli indigenti.Il Re conosce le difficoltà di questa amministrazione, ed ammesso che fosse possibile che la macchina del governo funzionasse senza la sua sorveglianza diretta riguardo alla gestione delle finanze, non rimpiangeva se non il non poter lavorare lui stesso a ristabilire un ordine che poteva giungere a ridurre le imposte cosa che, si sa, Sua Maestà ha sempre vivamente desiderato, e che, avrebbe potuto fare senza le spese per l’ultima guerra; e di non aver più in gestione la distribuzione dei soccorsi per il sostentamento degli indigenti.

       "Infine per decreto il Re è dichiarato capo supremo dell’amministrazione del regno.Dei decreti in seguito hanno regolato l’organizzazione del ministero in modo che il Re, che dovrebbe esserne direttamente interessato, non puo’ apportare nessun cambiamento senza l’approvazione dell’Assemblea.Il sistema dei capi del partito dominante fu così ben seguito da gettare una tale sfiducia sugli agenti di governo, che divenne impossibile assegnare i posti dell’amministrazione.Il governo non puo’ funzionare nè sussistere senza fiducia reciproca tra gli amministratori e gli amministrati.Gli ultimi regolamenti stabiliscono nell’ l’Assemblea nazionale quali pene infliggere ai ministri o agli agenti di potere esecutivo divenuti prevaricatori o giudicati di aver superato i limiti del loro potere, il che fa nascere tutta una gamma di inquiietudini.Queste disposizioni penali sono rivolte anche ai subalterni il che distrugge tutte le subordinazioni, gli inferiori non devono mai giudicare gli ordini dei superiori che sono responsabili di cio’ che ordinano.Queste disposizioni per la loro molteplicità delle precauzioni e dei generi di delitti che ivi son indicati , non fanno altro che ispirar della sfiducia, invece della fiducia che sarebbe così necessaria.

       "Questa forma di governo così intaccata di per sè , lo diviene ulteriormente per due cause:

       "1° L’Assemblea eccede in continuazione i limiti che si è prescritta.Si occupa d’affari che sono di esclusiva competenza dell’Amministrazione Interna del Regno e della Giustizia , raggruppando in sè tutti i poteri.Esercita anche attraverso il proprio Comitato delle Ricerche un vero e proprio dispotismo , più barbaro e più insopportabile di qualunque mai citato nella Storia.

       "2° Si sono stabilite praticamente in tutte le città, e anche in molti borghi, e villaggi del Regno, delle associazioni conosciute col nome di Amici della Costituzione, a dispetto dell’emanazione dei decreti, non sopportano chi non sia loro affiliato, il che forma un’immensa corporazione più pericolosa di qualunque esistente prima.Senza esserne autorizzati deliberano sugli errori di tutti i decreti e sui fati del governo, corrispondono fra loro su tutti i soggetti, fanno e ricevono denunce, eseguono arresti ed hanno assunto una tale preponderanza, che tutti i corpi amministrativi e giudiziari, senza eccezione per l’Assemblea stessa, ne eseguono gli ordini.

       "Il Re non ritiene possibile governare un regno così vasto ed importanti come la Francia con i mezzi stabiliti dall’Assemblea nazionale tali come si presentano attualmente.Sua Maestà dava a tutti i decreti indistintamente una sanzione che sapeva non poteva essere rifiutata, spinto dal desiderio di evitare tutte le discussioni che l’esperienza gli ha insegnato essere perlomeno inutili, ma temeva che si ritenesse che volesse ritardare d ostacolare i lavori dell’Assemblea nazionale, nella cui riuscita la nazione aveva così grande interesse.
Riponeva la sua fiducia nelle persone sagge di quest’ Assemblea , la quale riteneva fosse più agevole distruggere un governo piuttosto che costruirne un altro su basi del tutto differenti, e che aveva sentito più volte la necessità, nel momento della revisione annunciata dei decreti, di dare una forza d’ azione e di coalizione necessarie a governare il tutto.
Viene anche riconosciuta l’opportunità di ispirare fiducia riguardo a questo governo ed alle leggi, che debbono assicurare la prosperità e lo stato di ciascuno, una fiducia tale che riporti nel regno tutti i cittadini che il malcontento in qualcuno e nella maggior parte il timore per la propria vita e per i propri possedimenti avva spinto ad espatriare.

       "Ma più l’Assemblea si avvia al termine dei suoi lavori, più si notano le persone sagge perdere di credito, più le disposizioni che non fanno che mettere in difficoltà e anche nell’impossibilità la condotta del governo ed ispirare sfiducia e sfavore, tutto cio’ aumenta di giorno in giorno. Gli altri regolamenti invece di stendere un balsamo salutare sulle piaghe che sanguinano ancora in molte province, non fanno che accrescere l’inquietudine ed aumentare lo scontento.Lo spirito dei Clubs domina tutto e tutto invade ; i mille giornali, i libelli calunniatori e incendiari si spandono giornalmente non sono che i loro eco e preparano gli animi in modo da condurli secondo il loro volere. L’Assemblea nazionale non ha mai osato porre rimedio a questa licenza ben lontana da una vera libertà, ha perduto il suo credito e anche la forza di cui avrebbe bisogno per tornare sui suoi passi e cambiare cio’ che puo’ apparire da modificare.Si vedono dagli animi che regnano nei Clubs, ed il modo in cui si impadroniscono delle nuove assemblee primarie, quello che ci si deve aspettare da loro.E se permettono a qualche disposizione di tornare su un argomento è per distruggere il resto della regalità che i primi decreti hanno lasciato persistere; e per stabilire un governo metafisico e filosofico, irrealizzabile in concreto.

       "Francesi, è questo che vi attendavate inviando i vostri rappresentanti all’Assemblea nazionale?Desiderate che l’anarchia ed il dispotismo dei Clubs rimpiazzino il governo monarchico sotto il quale la nazione ha prosperato per quattrocento anni?Desiderate vedere il vostro Re coperto dìoltraggi e privato della sua libertà mentre egli non s’occupava d’altro che di assicurare la vostra?

       "L’amore per il proprio re è una virtù dei Francesi e Sua Maestà ne ha ricevuto personalmente troppe prove toccanti per poterlo dimenticare. I faziosi sentono bene che fintanto che questo amore sussisterà la oro opera non potrà mai compiersi.Sentono anche che per indebolirlo si dovrebbe , se possibile, annientare il rispetto che l’ha sempre accompagnato. Questa è la fonte di tutti gli oltraggi che il Re ha dovuto subire in due anni e di tutte le pene che ha sofferto. Sua Maestà non traccerebbe qui quest’affligente quadro se non volesse far conoscere ai suoi fedeli sudditi l’animo dei faziosi che dilaniano il petto della patria dicendo di volerla rigenerare.

       "Approfittando dell’entusiasmo che c’è stato per monsieur Necker, gli procurarono sotto gli occhi stessi del Re un trionfo così eclatante che nel medesimo istante le persone che hanno manovrato per questo ostentano di non far alcuna attenzione alla presenza del Re. Incoraggiati da questa prova l’indomani osrono insultare a Versailles monsignore l’arcivescovo di Parigi, inseguirlo a colpi di pietra e mettendo la sua vita nel più grande pericolo. Allorchè l’insurrezione infurio’ per Parigi un corriere che il Re aveva inviato fu fermato, pubblicamente perquisito e le lettere del Re stesso furono aperte. Nel frattempo l’Assemblea nazionale sembrava insultare il dolore di Sua Maestà non occupandosi che di colmare di segni di stima quegli stessi ministri il cui rinvio servì come pretesto per l’insurrezione, ma per questo non furono trattati meglio.Il Re era determinato a portare lui stesso delle parole di pace nella capitale, delle persone appostate lungo tutta la via avevano il grave compito di impedire queste urla di “Viva il Re” così naturali nei Francesi, e i discorsi che gli vennero fatti, lungi dall’apportagli un’ espressione di riconoscenza,non furono colmi che di un’amara ironia.

       "Intanto si avvezzava sempre più il popolo al disprezzo della regalità delle leggi; a Versailles si provò ad impiccare due ussari venne strappato un parricida al supplizio, ci si oppose all’entrata di un distaccamento di cacciatori destinato a mantenere il buon ordine, dato che un energumeno faceva pubblicamente mozione al Palais Royale di venire a prendere il Re e suo figlio, di portarli a Parigi e di richiudere la regina in un convento, ostentando anche disprezzo per la persona stessa del Re, ed elargiva, in un modo impossibile qualificare conveniente, osservazioni sui decreti del Re della notte dal 4 al 5 Agosto.

       "Infine giunsero le giornate dal 5 al 6 Ottobre: la narrazione sarebbe superflua e Sua Maestà la risparmia ai suoi fedeli sudditi, ma non si puo’ impedire di sottolineare la condotta dell’Assemblea durante questi terribili episodi. Lungi dal pensare di intervenire o perlomeno di impedirli , resta tranquilla e si accontenta di rispondere alla mozione di portarsi tutti dal Re, tutto ciò è al di fuori della sua dignità.

       "Dopo questo momento praticamente tutti i giorni sono segnati da scene sempre più penose per il Renuovi insulti gli vengono rivolti. Appena il Re giunse alle Tuileries un innocente fu massacrato e la sua testa fu portata per Parigi praticamente sotto gli occhi del Re. In molte province, quelle che apparivano attaccate al Re od alla Corona, si era perseguitati, molti persero anche la vita senza che il Re potesse far niente per punire gli assassini o perlomeno testimoniare il proprio cordoglio.
Nello stesso giardino delle Tuileries tutti i deputati che avevano parlato contro il Re o contro la religione, dato che i faziosi nella loro furia non han nemmeno rispettato l’altare oltre che al trono, ricevettero l’onore del trionfo, mentre chi la pensava differentemente veniva insultato di continuo e la vita stessa ne era minacciata.

       "Alla federazione del 14 Luglio 1790 l’Assemblea nominando il Re capo con un decreto speciale,mostrava di pensare di volerne nominare un altro. Nella medesima cerimonia, mal grado la richiesta del Re, la famiglia reale fu alloggiata separatamente da lui, cosa inaudita fin’ora.È durante questo soggiorno che il Re ha trascorso i momenti più dolci del suo soggiorno a Parigi, indugia felicemente su ricordi di testimonianze di attaccamento e d’amore che gli sono state tributate dalla Guardia nazionale di tutta la Francia , riunita per questa cerimonia .

       "I ministri del Re, gli stessi ministri che l’Assemblea ha obbligato il Re a richiamare, di cui ha applaudito la nomina, furono costretti a furia di insulti e di minacce, a lasciare i loro posti, eccetto uno.        "Mesdames, zie del Re, che erano state costantemente al suo fianco spinte da zelo religioso, volevano recarsi a Roma. I faziosi non volevano lasciarono loro la libertà propria di ognuno, che è sancita dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo.La truppa inviata da loro si portò verso Bellevue per fermare Mesdames, il colpo non andò a segno per la loro pronta partenza. I faziosi, per nulla scoraggiati, si diressero da Monsieur col pretesto che volesse seguire l’esempio di Mesdames e , dato che da questa mossa trassero il piacere d’insultarlo, non fu del tutto vana. Intanto, non essendo riusciti a fermare Mesdames,a Bellevue, trovarono il mezzo di intercettarle a Arnay- le Duc , accorsi agli ordini dell’Assemblea nazionale.Appena la notizia di questo fermo giunse a Parigi fu tentata qualsiasi cosa pur di far approvare dall’Assemblea nazionale questa violazione arbitraria, ma non essendoci riusciti, provocarono una sollevazione per costringere il Re a far tornare Mesdames Mala buona condotta della Guardia nazionale, alla quale il Re si era affrettato a dimostrare il prorpio compiacimento, disperse l’assembramento ed essi ricorsero ad altri metodi.

       "Non è stato per loro difficile constatare che alla minima sommossa che si presentasse, una grande quantità di sudditi fedeli si riuniva alle Tuileries formando una specie di battaglione capace d’imporsi ai malintenzionati.
Provocarono una rivolta a Vincennes facendo correre una voce , il progetto era di far assembrare alle Tuileries delle folle, snaturando le loro intenzioni agli occhi della Guardia nazionale, calunniando coloro che avevano armato. Riuscirono così bene ad esasperare gli animi che il Re ebbe il dolore di veder maltrattare sotto i propri occhi senza poter difendere coloro che gli avevano dato prove così toccanti del loro attaccamento. Fu invano che Sua Maestà domandò loro armi rese sospette, invano loro gli diedero quest’ultimo segno di devozione. Niente poteva placare gli animi smarriti che spingevano l’audacia fino a farsi consegnare e rompere quelle stesse armi di cui il Re si era fatto depositario.

       "Intanto il Re , essendo stato malato, si disponeva ad approfittare delle belle giornate di primavera per andare a Saint-Cloud, come era stato l’anno precedente per una parte dell’estate e dell’autunno.Siccome questo viaggio cadeva nella Settimana Santa si osò servirsi del noto attaccamento del Re per la religione dei suoi Padri per aizzare gli animi contro di lui.La domenica alla sera, il Club dei Cordiglieri si permise di far affiggere una mozione in cui il Re stesso era denunciato come refrattario alla legge. L’indomani Sua Maestà salì in carrozza per partire, ma arrivato alla soglia delle Tuileries, una folla di persone parve impedirgli il passaggio ed è con molto dolore che qui si deve dire che la Guardia nazionale , lungi dal reprimere i sediziosi, si unì a loro e fermò lei stessa i cavalli. Monsieur de La Fayette fece tutto il possibile per far comprendere a questa Guardia l’orrore di tale condotta, ma invano. I discorsi più insolenti, le mozioni più abominevoli rimbombavano nelle orecchie di Sua Maestà; le persone della sua Casa che si trovavano lì si affrettavano a fornirgli un riparo almeno coi loro corpi se le intenzioni manifestate anche troppo si fossero concretizzate.Ma era necessario che il Re bevesse il calice fino alla feccia, i suoi fedeli servitori gli furono strappati con violenza.Infine , dopo aver subito tutti questi oltraggi per un’ora e tre quarti, Sua Maestà fu costretta a cedere ed a rientrare nella sua prigione, dato che non si poteva definire altrimenti il suo palazzo.

       "Il suo primo pensiero fu di cercare il direttore del dipartimento incaricato di vegliare sulla sicurezza e sulla tranquillità pubblica, per riferirgli ciò che era avvenuto .L’indomani si recò lui stesso all’Assemblea nazionale per far sentire quanto ciò che era accaduto fosse contrario alla stessa nuova Costituzione.
Nuovi insulti furono il frutto che il Re ebbe da questi passi, fu obbligato ad acconsentire all’allontanamento della sua Cappela e della maggior parte dei suoi massimi ufficiali, di approvare la lettera che il ministro aveva scritto a suo nome alle corti straniere, infine di assistere nel giorno di Pasqua alla messa officiata da un nuovo curato di Saint-Germain l’Aurrois.

       "Per tutti questi motivi e l’impossibilità in cui il Re si trovava al momento di operare il bene e d’impedire il male che viene commesso è sorprendente che il Re abbia cercato di recuperare la propria libertà e di mettersi al sicuro con la sua famiglia?

       "Francesi, soprattutto voi Parigini, voi abitanti di una città che gli avi di Sua Maestà si compiacevano di chiamare “ la buona città di Parigi”diffidate dei suggerimenti e delle menzogne dei vostri falsi amici , tornate al vostro Re , sarà sempre vostro padre, il vostro migliore amico.Che piacere avrà di dimenticare tutte le ingiurie personali e di ritrovarsi tra voi, quando la Costituzione che lui avrà liberamente accettato farà in modo che la nostra santa religione si rispettata, che il governo sia stabilito su basi solide e sia utile per le sue azioni, che i beni e lo stato di ognuno non siano più turbati, che le leggi non siano più trasgredite impunemente e che infine la libertà si posta su fondamenta solide e inattaccabili.

       "Parigi, 20 Giugno 1791, Luigi”

" Il Re proibisce ai suoi ministri di firmare alcun ordine a suo nome fino a che non ricevano sue nuove disposizioni ed ingiunge alla Guardia del Sigillo dello Stato di rinviargli subito ciò che non sarà richiesto da parte sua.        "Parigi il 20 Giugno 1791 , Luigi”





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