La rivoluzione francese

settembre 1789:
Sulle riforme del Clero


DELLE RIFORME DEL CLERO

Ecco ciò che scriveva Jacques-Henri-Bernardin de Saint Pierre (1737-1814) a proposito del ruolo del clero in Francia , nella ristampa dei suoi "voeux d'un solitaire” nel settembre del 1789). Particolarmente, egli insiste sullo sviluppo dell'aiuto ai poveri e sul ruolo delle case di forza tenute dai religiosi.
Cosa interessante , lui domanda all'insegnamento (allora tenuto dal clero), che si proscriva l'emulazione, che considerava come fonte di numerosi vizi.

Sarebbe bene augurarsi che il clero non avesse mai separato i suoi interessi da quelli del popolo. Per quanto sia ricco il clero di uno stato, la rovina di un popolo trascina ben presto la sua. E' ciò che prova l'esempio dei greci di Costantinopoli, di cui i patriarchi si immischiavano nelle funzioni degli imperatori, e gli imperatori in quelle dei patriarchi. Il popolo, sfinito dal clero e dai suoi principi, che si erano impossessati di tutte le sue proprietà, anche delle stesse opinioni, restava senza patriottismo: che cosa dico? Durante l'assedio , dove i turchi si impadronivano di Costantinopoli si udiva gridare: " Noi amiamo meglio avere qui dei turbanti che un cappello cardinalizio". Io osserverò qui che la religione di uno stato non è sempre il suo sostegno più fermo come tante volte si è avanzato; perchè l'impero greco di Costantinopoli è caduto e la religione è rimasta. Lo stesso è successo al Regno di Gerusalemme.

Da un lato, molte delle religioni sono cambiate nei diversi (o differenti )stati, i cui i governi non hanno cessato di esistere: tali sono state le antiche religioni nei molteplici regni d'Europa , dell'Asia, dell'Africa alle quali sono succedute le religioni cristiana e musulmana, senza che parecchi di questi stati ebbero cambiato neanche la dinastia.

Il benesere di un popolo è la sola base inamovibile del benessere degli imperi: lo è anche del suo clero.
Il clero greco di Costantinopoli è ridotto, sotto i turchi, a vivere di elemosina negli stessi luoghi dove fece erigere sotto i suoi principi nazionali dei templi superbi dove oggi trionfa una religione nemica. Un clero ambizioso impoverisce il suo popolo, e un popolo povero rende presto o tardi un clero miserabile.

Non solamente il clero è legato al popolo dai suoi interessi , ma anche dai suoi doveri. Egli é l'avvocato naturale dei bisognosi è obbligato a soccorrerli con il suo superfluo(ciò che ha di superfluo).
La maggior parte dei suoi beni gli sono stati trasmessi a queste condizioni.
Mi sarei dunque augurato che i capi del clero fossero stati a capo dei loro greggi per difenderne gli interessi(al fine di difenderne), come nei tempi antichi della nostra monarchia dove i popoli stessi eleggevano i loro pastori con queste intenzioni.
Ma, poiché queste antiche regole cosi' rispettabili sono cambiate anche in un corpo cosi' attento a conservarle, io desidero almeno che il clero si investa nell'assemblea nazionale delle massime evangeliche che le annunci nelle chiese.
Io non parlo dell'obolo pagato a Cesare da San Pietro , dello stesso ordine di Gesù; perché osserverò in questa occasione dopo la domanda stessa che Gesù fece a San Pietro, che non erano dei romani; i cittadini che pagavano le tasse , ma gli stranieri.
In effetti si vede attraverso la storia che il popolo romano lontano dal pagare delle imposte era spesso nutrito dalle distribuzioni di grano e dai tributi delle province conquistate. Dai turchi il tributo non si paga che dai greci. Questo uso mi sembra assai generale in Asia. Gesù parve estenderlo a tutti i regni del mondo come fondato sulla giustizia naturale. Forse che in fondo non era questione che di imposte personali e non di imposte territoriali. Qualunque cosa sia di abuso in abuso il regime fiscale è succeduto tra noi al regime feudale, è impossibile adesso sovvenire ai bisogni dello stato senza le contribuzioni di tutti i suoi membri. La maggior parte del nostro clero ha sacrificato a questo riguardo le sue antiche prerogative in modo generoso: tuttavia l'interesse per la verità mi obbliga ancora a dire che ha fatto con ciò un atto di giustizia poiché molti dei beni gli sono stati donati un tempo dallo stato, cosi' che alla nobiltà, alla carica anche del servizio militare.

Ma oggi il popolo gli domanda degli altri contribuzioni per molti dei beni che gli sono stati affidati da dei privati a carico del servizio dei più bisognosi.
Si può senza dubbio comprendere molte commende religiose destinate anzitempo al servizio dei lebbrosi e degli ospedali.
Dunque che il clero si investa di questa legge naturale, la base e la fine del Vangelo; di questa legge che è alla fonte di tutte le virtù , della giustizia, della carità, dell'umanità, del patriottismo, della concordia, della credenza, dell'educazione, e di tutto quello di cortese tra la gente del mondo: "non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi"
Che egli consideri che questo popolo che l'ha altre volte cosi' riccamente dotato soccomba oggi sotto il peso delle imposte; che i vizi contro i quali predica da cosi' lungo tempo non sono ispirati all'uomo dalla natura, ma che sono dei risultati necessari delle nostre istituzioni politiche; che nascono dall'opulenza estrema, di un piccolo numero di cittadini che si sono appropriati di tutto, e dall'indigenza assoluta di un gran numero di altri che non hanno più nulla.; che da una parte l'opulenza produce i voluttuosi, gli avari i manipolatori , gli ambiziosi che soli causano tanti mali; e che dall'altra l'indigenza obbliga le giovani a prostituirsi, le madri a esporre i loro bambini, e che fa di loro dei sediziosi, dei ciarlatani dei ladri dei superstiziosi e questa folla di miserabili che, spogliata di tutto dai primi sono obbligati a cercare di vivere a loro spese.

Mi auguro dunque che il clero venga in soccorso dei bisognosi e provveda dapprima al bisogno dei suoi propri membri, in modo che non si abbia un solo ecclesiastico che non abbia di che vivere decentemente.
Un semplice vicario di paese non deve mancare del necessario, dal momento che i vescovi hanno il superfluo.
Cosi' mi sembra giusto che l'Assemblea Nazionale impieghi le sue entrate delle ricche abbazie, fondate anzitempo dalla nazione, in distribuzioni fatte in tutto il regno dalle assemblee provinciali agli indigenti di tutti i paesi e di tutte le comunioni ai conosciuti e agli sconosciuti, a esempio dell'uomo di Samaria; perché la carità del Vangelo deve estendersi a tutte le religioni e l'ospitalità francese a tutti i popoli.
È necessario che il clero abolisca nel suo seno queste strane e vergognose istituzioni che non hanno mai conosciuto i greci , ne i romani ne i barbari, voglio dire i conventi che servono in Francia di case di forza e di correzione.
Questi luoghi di dolore dove delle monache si incaricano , per denaro, di vendette dello stato e delle famiglie sono ripartiti in gran numero in tutto il regno, e sono cosi' odiosi che avvizziscono anche il nome dei santi che si è osato dargli come patroni.
Ce ne sono alcuni dove si vedono gabbie di ferro , invenzione del crudele Luigi 11.
La maggior parte hanno una reputazione cosi' infamante grazie alle loro punizioni, che un giovane uomo o una ragazza vi sono più disonorati che se fossero stati rinchiusi nelle prigioni pubbliche. Cosi' dei religiosi e delle religiose non arrossiscono a svolgere le vili funzioni da carcerieri e da carnefici per sviluppare delle rendite considerevoli!
Non è ben strano che persone consacrate a Dio , che pregano per lo stato dell'umanità, la consolazione e il perdono dalle ingiurie , si siano fatte agenti della crudeltà, dell'infamia e della vendetta per conquistare delle ricchezze; e che da un altro lato il popolo abbia visto elevarsi queste case più crudeli e disonorevoli della Bastiglia senza scorgere la contraddizione che c'era tra la dottrina e la condotta di quelli che la stabilivano?
È compito dello stato e non dei religiosi , punire chi lo turba .

Desidero ancora che il clero, avendo contribuito con il suo superfluo a distruggere l’indigenza, fonte di vizi particolari, combatta con la sua eloquenza l’ambizione, quest’altra fonte di vizi privati e pubblici; che ne prescriva le prime lezioni nelle nostre scuole dove si è introdotta col nome d’emulazione e mette fin dall’infanzia i cittadini gli uni contro gli altri, suggerendo ad ogni bambino d’essere il primo; che i predicatori del Vangelo si pronuncino, in nome di Dio, contro l’ambizione dei re d’Europa che risulta dall’educazione ambiziosa che fanno impartire ai loro sudditi e che, dopo aver causato le sfortune dei loro popoli, fanno ancora quelle del genere umano; che questi santi ministri della pace attacchino le leggi sacrileghe della guerra; che cessino loro stessi di decorare i nostri templi dedicati alla carità con bandiere ottenute col sangue delle nazioni; che si oppongano con tutti i loro mezzi alla schiavitù dei negri che sono nostri fratelli per legge di natura e di religione; che si astengano dal bandire le navi che vanno alla tratta di questi sfortunati così come gli stendardi attorno ai quali si raccolgono i nostri sanguinari soldati; che rifiutino il loro ministero a tutto ciò che contribuisce alla sfortuna degli uomini; che rispondano alle potenze che vorrebbero costringerli a consacrare gli strumenti della loro politica, come la religiosa Teano rispose al popolo d’Atene, che la voleva obbligare a proferire maledizione contro Alcibiade colpevole tuttavia d’aver profanato i misteri di Cerere: “Sono religiosa per pregare e benedire, non per odiare e maledire”. Che i nostri preti dicano dunque alle potenze ambiziose: Noi non siamo stati mandati per incitare gli uomini ai furori della guerra, ma alla concordia, all’amore e alla pace; per benedire le navi da guerra, i vascelli negrieri, i reggimenti, ma sull’esempio di Gesù i bambini, le nozze e i matrimoni.

Così il clero francese, interessandosi alla sorte degli sfortunati, si renderà caro agli omini di tutte e nazioni. Vedrà rinascere nel cuore dei popoli il suo impero religioso, come agli albori quando annunciava loro il Vangelo e faceva tremare i tiranni nel nome del Dio della pace.

Fonte: "Voti di un solitario" di Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre, in "Opere complete..." di L. Aimé-Martin, nuove edizione rivista, corretta e integrata, Parigi, presso il libraio P. Dupont, 1826, tomo 11, pagine da 63 a 69.




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