"Le adozioni di Maria Antonietta"
(di Maria Paola Macioci)



Grazie al ritrovamento di alcuni documenti e alla testimonianza di osservatori diretti, sappiamo con certezza che nel corso della sua vita la regina Maria Antonietta si prese cura di diversi bambini, occupandosi amorevolmente dei loro bisogni, da quelli primari come l’alimentazione e il vestiario a quelli più impegnativi, compresa una educazione consona ai canoni dell’epoca.
Madame Campan, per molti anni a servizio della sovrana, nelle sue celebri Memorie, narra un episodio utile per comprendere la psicologia e l’indole di Maria Antonietta.


In un pomeriggio del 1776, la regina procedeva in calesse attraversando l’hameau di Saint-Michel, presso Luciennes quando, improvvisamente, un bimbo di circa 4-5 anni si gettò sotto gli zoccoli dei cavalli. Fortunatamente il cocchiere riuscì a fermarsi in tempo e al piccolo non accadde nulla di spiacevole. Una donna corse per prendere il bambino, chiamandolo Jacques, e la regina, scesa dal calesse, le domandò se fosse la madre. La paesana rispose di essere la nonna e che sua figlia, morta nell’inverno precedente, le aveva lasciato ben 5 ragazzini a cui badare. Maria Antonietta le assicurò il proprio aiuto: avrebbe “adottato” il piccolo Jacques e si sarebbe occupata del mantenimento dei fratellini. Subito dopo il calesse riprese il cammino ma fu costretto ad imboccare una scorciatoia per giungere prima possibile a Versailles poiché il piccolo non faceva che gridare e tirare calci alla regina.
Il bambino, ribattezzato Armand, fu posto immediatamente sotto le cure di una domestica e dopo due giorni si ripresentò al cospetto della regina magnificamente vestito; la Campan riferisce che era molto bello e che trascorreva gran parte del tempo in compagnia di Maria Antonietta e Luigi XVI. Stando al racconto della donna, la regina amava chiamarlo “il mio bambino”.
Maria Antonietta si occupò non solo di Armand, il cui nome completo era François-Michel Gagne ma di tutta la sua famiglia. Suo fratello Denis entrò a far parte dei musicisti del re e nel 1787 divenne violoncellista, Marie-Madaleine e Louis-Marie ricevettero regolarmente un sussidio dalla regina.
Sembra che una volta cresciuto Armand sia divenuto un fervente repubblicano e che sia rimasto ucciso nella battaglia di Jemappes nel 1792.

Ma le adozioni di Maria Antonietta non si fermano qui.
Intorno alla metà del 1787, M. de Bourneuf, ufficiale in Africa nella colonia del Senegal, portò a Parigi un piccolo bambino di colore che il cavaliere de Boufflers offrì alla sovrana di Francia.
La moda dei “negretti” o, come li si chiamava allora, dei “piccoli indiani”, traeva sicuramente origine dal bimbo che era appartenuto a M. du Barry, il famoso Zamor, un vero indiano prelevato in Bengala da un ufficiale inglese. Non possiamo averne la certezza ma forse era stata la stessa regina a farne richiesta. Il piccolo, di 5 o 6 anni, giunse a Parigi nell’Agosto del 1787, fu condotto a Versailles dove venne affidato alle cure di un certo Muller e battezzato col doppio nome di Jean-Amilcar.
Il ragazzo era sicuramente destinato a prendere posto fra la servitù di Palazzo ma il rapido e inaspettato mutare degli eventi cambiò radicalmente il suo destino. Siamo sicuri che Maria Antonietta fosse intenzionata ad impartirgli un’adeguata educazione che gli consentisse di apprendere un mestiere in grado di assicurargli un futuro dignitoso, e non lo ridusse mai all’umiliante ruolo di giocattolo esotico vivente come invece la du Barry aveva fatto col piccolo Zamor.

Tuttavia il bimbo era giunto in Francia proprio alla vigilia della Rivoluzione e nel giro di pochi anni, in età ancora infantile, fu costretto a sopportare l’allontanamento forzato dalla sua generosa benefattrice e infine la morte violenta di quest’ultima.
Prima che gli eventi precipitassero irrimediabilmente, la regina si era preoccupata di sistemare Jean-Amilcar nella pensione di Saint-Cloud tenuta da un certo Beldon e a pagare la cifra di 400 livree annue per il suo mantenimento. Dai documenti conservati, la pensione risulta regolarmente pagata dal 1790 al 1792; possiamo supporre che dopo la giornata del 10 Agosto che decretò la caduta della Monarchia, l’ex regina fosse purtroppo impossibilitata nel proseguire il pagamento.
Nel frattempo Beldon si era affezionato al ragazzo e, non avendo alcuna intenzione di abbandonarlo per strada,chiese aiuto alla Convenzione che, dopo diversi mesi e ripetute richieste, accordò un sussidio che servisse ad entrambi per procurarsi almeno i beni di prima necessità e volle l’assicurazione che il giovane fosse educato nel rispetto assoluto dei più “sani” principi repubblicani.
Beldon, ormai piuttosto anziano, era preoccupato per il futuro di Amilcar e cercò in ogni modo di fargli imparare un mestiere; finalmente, nel Febbraio o Marzo del 1796 il ragazzo, ormai adolescente, fu ammesso alla Scuola Nazionale di Liancourt dove giovani orfani e indigenti avevano la possibilità di imparare un lavoro manuale. J-Amilcar vi rimase molto poco perché, come apprendiamo dalla lettera di un certo Benezech datata 18 Maggio 1796 e indirizzata agli amministratori, il cittadino Beldon annunciava loro l’avvenuta morte del ragazzo. Il giovanissimo “indiano” che era stato della regina Maria Antonietta morì nell’Ospizio dell’Unità (oggi della “Carità) e Beldon fu autorizzato dalla Convenzione a prendere possesso dei pochi effetti personali del ragazzo, tutti donatigli a suo tempo dalla regina di Francia.

Infine, possediamo pochissime notizie su Zoé, una piccola bambina citata nell’interrogatorio di Mme Brunyer e nelle memorie di Hue.
Sappiamo solo che suo padre era cavaliere, signore di Chaumont, gendarme ordinario della guardia del Re e che tutti i suoi familiari morirono quando lei era ancora molto piccola.
Sembra che la bambina sia stata “ adottata” per essere compagna di giochi
del terzo figlio di Maria Antonietta: Louis Charles duca di Normandia futuro Luigi XVII, tragicamentre e crudelmente lasciato morire dai rivoluzionari al Tempio.
Di Zoé si perde ogni traccia nel periodo rivoluzionario.




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