"Réflexions sur la Révolution Français, pp. 95-96"
(di Edmund Burke)



Sono adesso sedici o diciassette anni che non ho più visto la regina di Francia. E’ stato a Versailles, era ancora la Delfina, e certamente mai è esistita una visione più deliziosa su questa terra che lei sembrava appena toccare.

Lei non faceva allora che apparire sull’orizzonte, per ornare e allietare la sfera elevata dove cominciava a muoversi- scintillante come la stella del mattino, brillante di vita, di splendore e di gioia.

Ah! quale sconvolgimento! Quale cuore dovrei avere per restare insensibile a tanta grandezza seguita da una tale caduta!

Com’ero lontano dall’immaginare, allorché più tardi la vedevo meritare la venerazione e non solo l’omaggio di un amore distante e rispettoso, che fosse ridotta un giorno a nascondere nel suo seno l’arma che l’avrebbe preservata dal disonore; io non potevo credere che io potessi vedere in vita mia tanti disastri si abbattersi su questa principessa, nel mezzo di un popolo composto d’uomini d’onore e da cavalieri! Avrei creduto che diecimila spade sarebbero balzate fuori dai loro foderi per vendicarla e che neppure uno sguardo avrebbe potuto insultarla.

Ma l’età della cavalleria è passata. Quella dei sofisti, degli economisti e dei calcolatori le è succeduta; e la gloria dell’Europa è spenta per sempre.

Mai, mai più rivedremo questa generosa lealtà verso il rango e il sesso, questa fiera sottomissione, questa degna obbedienza, e questa subordinazione di cuore che, persino nella servitù, conserva vivo lo spirito di una libertà alta e grave.

Non si conoscerà più questa grazia spontanea dell’esistenza, questa generosità di cuore che assicura liberamente la difesa dei popoli, tutti quelli che si nutrono di sentimenti virili e dell’amore delle imprese eroiche.

Ella è perduta per sempre, questa delicatezza dei principi, questa castità dell’onore dove la più piccola macchia bruciava come una ferita, che ispirava il coraggio attenuando la crudeltà, e che nobilita tutto ciò che lei toccava, al punto da togliere al vizio la metà del suo odioso facendogli perdere tutta la sua ruvidezza.




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