La francia nel 1789




Agli inizi del 1789, nella monarchia francese, tutto, costumi, leggi, principi di governo, è incancrenito come si è preteso, e condannato a perire?
No, questo non è la verità.
Tutto, nel regime, non è ingiusto, decrepito, detestabile.
Nemmeno che tutto non sia saggio, equilibrato, soddisfacente.
Si tratta di una gran macchina ancora sana dove qualche ingranaggio arruginito, tra i più importanti, è invecchiato, cigolante, chiede una mano esperta che la ripari, che la trasformi secondo le usanze. Sarebbe sufficiente un re fermo, o in sua mancanza un ministro abile. La Francia che ha sovente fatto dei miracoli, non lo saprà fare questa volta. Una tradizione eccellente si frantumerà, ruscelli di sangue arrossiranno le strade, il paese intiero sembra dissolversi, fino il giorno in cui per l'energia di un soldato (Napoleone) con un colpo di stato si metterà termine a questo macello e s’instaurerà un ordine nuovo.

Una nazione è in pericolo da quando lei non è più guidata dalla sua élite.
Da più di un secolo, la vera élite della Francia non è più la nobiltà, il clero, è la borghesia, e la borghesia non prende parte nello Stato, nè gioca quel ruolo attivo che la sua intelligenza, la sua cultura ne donerebbe il diritto.
La monarchia ha commesso il suo errore essenziale, sotto Luigi XIV, di cristalizzarsi in uno Stato immutabile mentre che intorno a lei il mondo countinuava a vivere, o meglio dire cambiare.
Rinchiusa a Versailles, lei ha addomesticato l'aristocrazia e annesso la religione. Il re ha perso cosi i suoi intermediari verso il popolo.
Inoltre, alla presenza del suo popolo, si trova solo, lontano, senza voce. Come ci si attende tutto da lui, lo si rende responsabile di tutto.

Ora il paese soffre di numerosi vizi dai controni disordinati appartiene alla sua stessa formazione.
Niente sistemi organici, la Francia è un tappeto variopinto dove risaltano le culture. Province, città, hanno il loro statuto, le loro immunità.
La ricchezza è mal distribuita, la giustizia è complicata e dura per i più deboli.
Gli impieghi non sono donati per i meriti, ma per lo stato della nascita o per chi ha i soldi per accedervi.

Il popolo è infelice? I contadini sono i quattro quinti dei francesi, vivono più agiati che in tutti gli altri luoghi d'Europa, più gaiamente anche, ma pagano troppe imposte, troppo male distribuite, non possiedono in proprio abbastanza terra e molto sovente, per la penuria di mezzi di trasporto come per una cattiva ripartizione del sostentamento, soffrono la carestia.
Gli operai, per la maggior parte inquadrati in corporazioni rigorose, non escono che per fortuna dalla povertà.

Tuttavia il regno è pieno di slancio economico.
L'esportazione aumenta d’anno in anno il paese comincia ad utilizzare le sue risorse minerarie. la sua capacità industriale.
La mano d'opera abbonda, di una qualità e di una coscienza senza eguali.
Con i suoi venticinque milioni d’abitanti, il suolo fertile, la sua natalità folta, la Francia è il più ricco e il più vigoroso Stato del continente.

Le rifoirme di cui lei prova il bisogno e soprattutto una partecipazione dei cittadini al governo l'opinione delle classi istruite le reclama da più di cinquant'anni al seguito d’economisti, scrittori.
Montesquieu, Voltaire, Rousseau, Raynal, gli Enciclopedisti e molti altri, che hanno evidenziato le tare ed il pericolo di un potere senza controllo.
Alla loro voce si è prodotto un movimento degli animi.
La Francia non si contenta di obbedire solamente, avendo appreso, lei riflette e ragiona.

Lo stesso popolo minuto, che non conosce gli innovatori, respira l'atmosfera che essi hanno creato e, senza pensare alle conseguenze aspira ad un cambiamento. Il principio monarchico non è per niente messo in causa.
La sovranità rimane riveirita da tutti, in lei s’incarna l'orgoglio e la fiducia del paese. Dietro di lei si stende un magnifico tappeto di gloria.
Se la dinastia non ha fatto da sola la Francia, lei è stata per un periodo di ottocento anni, aiutata dai suoi legislatori ed i suoi soldati, la principale opera della sua unione. Lei resta l'ago della bilancia del paese.
Non gli si chiede che di evolvere con "il progresso dei lumi", di lasciare il piano extra-umano dove è stata piazzata da Luigi XIV per ritornare alla realtà e presidiare al rimaneggiamento dello Stato.

Il dispostismo di Luigi XIV aveva fatto sorgere dopo la sua morte un movimento di reazione da cui non hanno tardato ad uscire un gran numero d’organizzazioni occulte, cenacoli, circoli di lettura, " società di pensiero".
Sotto la reggenza, l'alta nobiltà francese, appoggiata dalle sue relazioni cosmopolite, si è gettata nei saloni, in faccia alla sovranità.

L'ambiente, dove appaiono gli stranieri di distinzione, dove si scambiano le notizie, dove ci si fa la reputazione di scrittori, comincia ad attaccare il regime di buona lena. Alcuni teorici come Boulainvilliers accusano la monarchia d'avere usurpato i suoi poteri e di avere falsato il destino del paese.
La fracomassoneria, nata in Inghilterra, si diffonde in Francia, sotto il patrocinio di gran signori come Clermont, il duca d'Antin.
Lei vi acclimata poco a poco le idee liberali d'oltre manica.
Deista nel suo principio, trova numerosi adepti nel clero.
La borghesia vi entra a flotte, felici di frequentarla, i vari La Rochefoucauld, des Noailles, des Montmorency, i Ségur...

I ranghi sociali vi sono confusi, un piccolo avvocato tratta da "fratello" un duca alla pari. Vi nasce all'interno un'inclinazione in più, viva, contagiosa, verso l'uguaglianza.
L'infatuazione è irresistibile.
Più di seicento logge funzionano in Francia, di cui sessantacinque a Parigi.
Sessantanove se ne sono costituite nei reggimenti.

Molto diffusa nel nuovo mondo, la massoneria n’è da lungo tempo la sede della resistenza dei coloni contro la metropoli.
Franklin, Washington, Warren ne sono i capi.
Mascherati da Indiani, sono i massoni di Boston che buttano a mare le casse di thé che gli Inglesi vogliono colpire con le loro tasse.
La guerra d'indipendenza esce da questo colpo di mano pittoresco.
La massoneria gli fornisce i suoi quadri politici e militari.
Ogni corpo insorto ha la sua loggia.
Quando Luigi XVI e Vergennes decidono di portare soccorso alla ribellione americana, nell'ora del suo più gran pericolo, se cercano da un lato una rivincita ai disastri della guerra dei sette anni, lo è anche in parte perchè cedono all'opinione pubblica, smossa dall'ambasciata di Beniamino Franklin.

Questa ribellione, portata a compimento grazie ai francesi, di sudditi contro il loro sovrano, crea una nuova tendeza in tutto il regno.
Vi si riconosce una vittoria della libertà sulla tirannia, del pensiero moderno contro l'oscurantismo.
Per la francomassoneria è un trionfo, lei vuole aumentare senza fermarsi il numero d’aderenti. Senza dubbio questa congregazione immensa non mira a distruggere la monarchia.
Lei vuole penetrarvi dall'interno, senza rompere la sua apparenza, e fare una monarchia costituzionale, con o senza Luigi XVI, e dissociarla dalle antiche basi, la religione. D'altro canto lei è largamente superata da movimenti mistici che aspirano alla sovversione totale.

L'illuminismo creato dal Bavarese Weishaupt, ha esteso la sua rete sulla Germania. Sotto copertura di riti starnieri, ha per obiettivo preciso la distruzione del cattolicesimo, della monarchia della proprietà, della nazionalità ed il ritorno dell'uomo alla natura. Intrattiene affiliati da tutte le corti, d’adepti da tutti i paesi.
In Francia Cagliostro è stato il suo principale agente.
Il Martinismo, fondato da Saint-Martin, detto " il filosofo sconosciuto", predica l'attrazione delle anime e il governo degli uomini tramite l'amore.
Il " ternario sacro": Libertà, Uguaglianza, Fraternità, deve dominare il mondo. Tra tanti altri, questi due raggruppamenti, per il loro lavoro soterraneo, scuotono profondamente l'ordine sociale.

Come all'epoca delle riforme, una corrente generale d'idee, un’aspiarzione comune verso un gran cambiamento, per tutto dire, uno spirito di rivoluzione, agisce nell'Europa intiera.
Nel 1785, gravi disordini sconvolgono l'Olanda; Guglielmo V è rovesciato.
Lo stesso anno, poi di nuovo nel 1787, il Belgio si solleva contro il "dispostismo illuminato" di Giuseppe II che in più deve reprimere un'insurrezione in Ungheria. Ma in quei luoghi sono movimenti ridotti, senza forte risonanza.
Nonostante che il popolo sia meglio trattato e più civilizzato che altrove, è in Francia che la vera rivoluzione si deve realizzare, perchè lei non riceve da nessuan parte un terreno cosi ben preparato, un governo così mediocre, d’effusioni d'animo cosi vivi, di così potenti complicità.

Il duca d’Orleans, dal 1772 (epoca in cui era ancora duca di Chastres), esercita la funzione di gran maestro della francomassoneria.
Ci ha trovato, nell’attesa di tempi migliori, una forma di trono segreto, attorniato di caudatari e clienti.
Questo principe, il più ricco del regno, ha avuto da giovane della bellezza, della grazia, che un farabutto ha fatto avvizzire.
A quaranta anni non è che un gran vigoroso dai tratti pesanti, che conduce una vita audace tra i suoi favoriti e le sue amanti, tanto in Francia che in Inghilterra, dove è diventato l'intimo del pricipe di Galles i quali vizi sposano i suoi.

Prodigo, con tratti d'avarizia, vile sotto delle arie di fanfarone, molto vanitoso, ha avuto il suo istante di popolarità nel combattimento d’Ouessant, durante la guerra americana. Maria Antonietta, alla quale non è piaciuto, lo ha scioccamente denigrato, preso in giro; lui le ha giurato un odio di sangue.

Nel suo Palais-Royal dove deambula, mischiato ai bighelloni, ed ad uomini pronti a tutti i rischi, vi ha installato il posto di comando della battaglia preparata contro il regime. In rapporti aperti con il salotto di Saint-James, si schiera per una monarchia costituzionale e sovvenziona le organizzazioni ostili alla monarchia ed i club che cominciano a formarsi. " Il tempo è arrivato, dice l'avvocato Nicolas Bergasse, in cui la Francia ha bisogno di una rivoluzione.
Ma operare apertamente significa fallire; bisogna riuscire ad invilupparsi di mistero. "

A casa di Bergasse, nella casa del finanziere Kornmann, si riunisce una delle società "boute-feu".
Un altro gruppo, messo assieme dai fratelli Lameth, dispone di una banda di rivoltosi e di "coupes-jarrets", il Sabbat, che ogni giorno viene a prendere ordini per i bisogni da compiere. Il duca d’Orleans è dietro la maggior parte di queste bande da guerra civile.

Lo troviamo anche dietro i gazzettieri, che all'occorrenza, lanciano i loro libelli contro la nave reale.
Sono innumerevoli, non manca un giorno in cui qualche fetida calunnia, qualche ordura divertente, qualche battuta pestilenziale, poco a poco raggiunga ammassandosi intorno alla monarchia isolata nel suo tumolo di Verailles coprendola di fango e di veleno.

Isolata, la monarchia, lo era già, e per propria scelta, ma al presente s’ingegnano ad isolarla molto di più.
A parte gli amici privati e qualche anziano servitore, di fatto è abbandonata dai grandi nobili che, imitando del resto il conte di Provenza ed il conte d'Artois (fratelli di Luigi XVI), tutti intascando le loro pensioni, cospirano con la burrasca che sentono avvicinare. Sostegno naturale del trono, dopo averlo minato per le loro esigenze, tradiscono la sua causa e si fanno, certi per generosità di cuore gusto delle nuove idee, altri per desiderio di popolarità, per invidia, il resto per circostanza o per paura, gli uscieri e i porta-chiave della rivoluzione che sta per arrivare.




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