La morte di Madame de Pompadour nella corrispondenza tra Madame du Deffand e Voltaire.


La morte di Madame de Pompadour nella corrispondenza tra Madame du Deffand e Voltaire.

(di Pietro Lamberti)


I giorni che precedettero la morte di Madame de Pompadour,
(15 Aprile 1764) non erano un granché anche per Madame du Deffand, che allora aveva 67 anni, alle prese con quello che considerava un tradimento della sua diletta nipote Madame de Lespinasse.
Sua nipote, che era letteralmente la luce dei suoi occhi, perché lei era cieca, si era unita in tenera amicizia con d'Alembert senza aver chiesto la sua approvazione e questo era per lei un affronto da non perdonare. Era al colmo della disperazione.

Buon per noi, perché ci ha lasciato una testimonianza privilegiata di quei tempi nella sua corrispondenza con Voltaire(68 anni).

Voltaire, che dal suo ritiro vicino Ginevra guardava con distacco gli avvenimenti della corte di Francia, ci ha lasciato pagine memorabili di saggezza troppo presto dimenticate.

Ci penseranno i nostri nipoti; per adesso è interessante sapere cosa ne pensavano questi due geni del buon vivere, sulla morte di Madame de Pompadour.


Voltaire e donna del popolo

La prima lettera e' del Mercoledì 7 Marzo 1764, ed è Madame du Deffand a scriverla a Voltaire, dove, dopo aver parlato di libri si dice:
Qui siamo in grande allarme; Madame de Pompadour è molto malata, chiuderò la lettera solo dopo aver avuto sue notizie.

E difatti l’otto Marzo chiude la lettera così:
Le ultime notizie di Madame de Pompadour sono buone, ma non è affatto fuori pericolo; sarei molto dispiaciuta se succedesse una disgrazia, e potrebbe essere benissimo più grave di quello che si pensa.

Il 14 Marzo è ancora Madame du Deffand a parlare della Pompadour in questi termini:
Pare che Madame de Pompadour stia molto meglio, ma la sua malattia non è vicina a guarire, e non oso nutrire molte speranze. Credo che la sua perdita sarebbe una grossissima disgrazia; nel mio caso particolare ne sarei molto afflitta, non per motivi che mi riguardano direttamente, ma in rapporto a persone che amo molto; e poi quali ne sarebbero le conseguenze?
(Madame du Deffand temeva le ripercussioni che la morte di Madame de Pompadour poteva avere sulla posizione del duca di Choiseul, protetto della favorita e amico di famiglia).

Il 21 Marzo è Voltaire che scrive:
...il mio gusto per i racconti è assolutamente morto.
Era una fantasia ispiratami dalle lunghe serate d’inverno cambio parere con l’equinozio; lo spirito soffia dove vuole, come dice l’altro.(Dio)
Mi sono sempre reso conto che non siamo padroni di niente. Non possiamo determinare un nostro gusto, come non possiamo modificare la nostra statura o il nostro viso. Avete mai riflettuto che siamo solo pure macchine? Ho avvertito questa verità per esperienza continua. Sentimenti passioni gusti, talenti, modo di pensare, di parlare, di camminare, tutto ci viene non so come, tutto è come le idee che abbiamo in un sogno, ci vengono senza che noi ci facciamo niente. Meditateci sopra; perché noi altri che abbiamo la vista corta siamo più adatti alla meditazione degli altri uomini, che sono distratti dalle cose. Dovreste dettare quello che pensate quando siete sola, e farmelo avere. Sono persuaso che ci troverei più vera filosofia che in tutti i sistemi in cui ci trastulliamo. Sarebbe la filosofia della natura. Prendereste le vostre idee soltanto dentro di voi, non cerchereste affatto di ingannare voi stessa. Chiunque abbia, come voi, nella propria intelligenza, immaginazione ed esattezza può trovare in sé solo, senza altro aiuto, la conoscenza della natura umana, perché tutti gli uomini si assomigliano nel fondo, e la diversità delle sfumature non altera affatto il colore originario. Vi assicuro, signora, che vorrei davvero vedere un piccolo schizzo della natura umana alla vostra maniera. Dettate qualcosa, ve ne prego, quando non avrete niente da fare: quale miglior impiego del vostro tempo che pensare? Non potete né giocare, né correre, né avere compagnia per tutto il giorno. Per me sarebbe una soddisfazione non piccola vedere la superiorità di un’anima candida e sincera su tanti filosofi superbi ed oscuri. D’altronde vi prometto il segreto.
Voi sapete bene, signora, che il bel posto che mi assegnate (il primo uomo di questo secolo), non è fatto per me. Cedo senza difficoltà il primo alla persona a cui accordate il secondo(Rousseau); ma permettetemi di chiedervene uno nel vostro cuore, perché vi assicuro che siete nel mio.
Finisco, signora, perché sono molto malato e temo di annoiarvi. Gradite il mio tenero rispetto, e impedite al president Hènault di dimenticarmi.


Il 2 Maggio 1764 riprende la corrispondenza:
Madame du Deffand a Voltaire
2 maggio 1764



Non mi lusingo, signore, che vi siate accorto da quanto tempo non ho l'onore di scrivervi, ma se per caso l'avete notato, bisogna che ne sappiate il motivo.
Prima di tutto il “president”(Hénault) è stato male e mi ha molto preoccupata; poi la malattia e la morte di Madame de Pompadour che ho seguito con attenzione e interesse non meno di tanti altri a cui la cosa non importava affatto, e infine certi dispiaceri e contrattempi domestici che hanno turbato il mio debole genio. Volevo aspettare di essere un po' più calma per poter chiacchierare con voi.

I gatti d'angora di Madame du deffand
La vostra ultima lettera (di cui certo non vi ricordate) è incantevole. Mi dite che volete che vi faccia partecipe delle mie riflessioni. Ah! signore, cosa mai mi chiedete?

Esse si limitano a una sola, e assai triste, che a veder bene, esiste una sola disgrazia nella vita, quella di essere nati.
Non c'è condizione, quale che

possa essere, che mi paia preferibile al niente. E voi stesso, che siete Voltaire, nome che racchiude ogni possibile felicità: reputazione, considerazione, celebrità, tutti gli antidoti contro la noia, che trovate in voi ogni possibile risorsa, una filosofia, bene intesa, che vi ha fatto prevedere che in vecchiaia il benessere è necessario, ebbene, signore, nonostante tutti questi vantaggi, meglio sarebbe non essere nati, perché bisogna morire, perché se ne ha la certezza, e perché natura vi ripugna talmente che tutti gli uomini sono come il taglialegna.
Vedete come è triste la mia anima e come scelgo male il momento per scrivervi, ma, signore, consolatemi, dissipate questi neri vapori che mi avvolgono. Ho appena finito di leggere una storia della Scozia, che altro non è, per così dire, se non la vita di Maria Stuarda, ha fatto traboccare la mia tristezza; spero che il vostro Corneille mi tirerà fuori da questo stato. Finora ho letto solo l’Epitre à l' Academie e Preface. Si resta stupiti, leggendo quello che scrivete, che non tutti sappiano scrivere bene: niente sembra più facile che scrivere come voi, e tuttavia nessuno al mondo vi si avvicina. Solo Cicerone, che dopo di voi è quello che amo di più.
Addio, signore; mi sento indegna di tenervi occupato più a lungo. Vorrei essere a Ginevra, cioè con voi. Vi amo con tutto il cuore, e almeno per qualche momento mi consolereste di essere nata.
Qui tutto è fermo, non c'è indizio che annunzi da che parte tiri il vento, ci sono solo gli speculativi che fanno previsioni e danno giudizi, e verosimilmente tutti sbagliati.


Voltaire a Madame du Deffand
Delices, 9 maggio 1764

Sono io, signora, che vi chiedo scusa per non avere avuto l'onore di scrivervi, non sta a voi, prego, dirmi che non avete avuto l'onore di scrivermi; ecco un onore davvero buffo. Fra noi veramente ci sono cose più serie, se si considerano le nostre condizioni, la nostra età e il nostro modo di pensare. Conosco solo Giuda di cui si sia detto che meglio sarebbe stato per lui di non essere nato ed è il Vangelo a dirlo.

Mecenate e La Fontaine hanno detto tutto il contrario:

Mieux vaut souffrir que mourir, C'est la devise des hommes.
(Meglio vale soffrire che morire. È questo il motto degli uomini)

Sono d'accordo con voi che la vita è molto breve e abbastanza infelice; ma bisogna che vi dica che ho con me un parente di ventitre anni, bello, ben fatto, vigoroso e sentite che cosa gli è successo.
Un giorno, a caccia, cade da cavallo e si ferisce leggermente alla coscia, gli fanno una piccola incisione, ed eccolo paralizzato per il resto dei suoi giorni; non paralizzato in una parte del corpo, ma paralizzato in modo da non potersi servire di nessuna delle sue membra, da non poter sollevare la testa, e con l'assoluta certezza di non potere mai sperare in un minimo miglioramento: si è abituato al suo stato e ama pazzamente la vita.

Non che il nulla non abbia qualcosa di buono, ma io credo che sia impossibile amare veramente il nulla, nonostante le sue buone qualità.
Quanto alla morte, ragioniamo un po', ve ne prego: è assolutamente certo che non la si sente affatto; non è un momento doloroso, somiglia al sonno come due gocce d'acqua; è soltanto l'idea di non svegliarsi più che dà dolore. Orribile è l'apparato della morte, è la barbarie dell'estrema unzione, è la crudeltà di avvertirci che per noi tutto è finito.


Mme de Pompadour nel 1763
A che scopo venire a pronunziare la nostra sentenza? Sarà eseguita anche senza che si intromettano notai e preti. Bisogna scrivere per tempo il proprio testamento e poi non pensarci più.

Si dice qualche volta di un uomo che è morto come un cane, ma veramente un cane è fortunatissimo di morire senza quell'abominevole armamentario con cui si

perseguita l'ultimo momento della nostra vita. Se avessero un po' di carità per noi, ci lascerebbero morire senza dirci niente. Il peggio è, che si viene attorniati da ipocriti che vi ossessionano per farvi pensare ciò che loro non pensano affatto, o da imbecilli che vogliono che voi siate stupidi come loro; è tutto veramente disgustoso. Il solo piacere della vita a Ginevra è che vi si può morire come si vuole. Molte persone dabbene non chiamano affatto i preti. Se uno vuole, si ammazza senza che nessuno ci trovi niente da ridire, oppure si aspetta il momento senza che nessuno ti dia noia. Madame de Pompadour ha provato tutti gli orrori dell’apparato, compreso quello di sapersi condannata a lasciare la più piacevole situazione in cui possa trovarsi una donna.
Non sapevo, signora, che foste in rapporti con lei; ma immagino che Madame de Mirepoix avesse contribuito a farvela amica.


Madame de Mirepoix era amica intima della Pompadour e frequentatrice assidua dei “petits appartements”

Avete così subìto una gravissima perdita, perché lei amava far piaceri. Sarà rimpianta, credo, tranne da coloro a cui è stata costretta a fare del male, dato che volevano farne a lei. Era filosofa, spero che anche quel vostro amico (Le President Hénaul) che è stato male, sia filosofo; ha troppo spirito, troppo raziocinio, per non disprezzare quel che è assai disprezzabile. Se mi dà retta, vivrà per se e per voi, senza darsi tanta pena per gli altri; voglio che la sua carriera sia lunga come quella di Fontenelle e che la sua piacevole vita sia sempre dedita alla consolazione della vostra. Dunque, signora, vi divertite con i Commentaires sur Corneille.

Vi farete certo leggere il testo, altrimenti le note vi annoierebbero molto. Mi si rimprovera d'essere stato troppo severo, ma volevo essere utile e spesso sono stato molto discreto. Il numero prodigioso di errori contro la lingua, contro la chiarezza delle idee e delle espressioni, contro le convenienze e infine contro l'interesse, mi ha così spaventato che ho detto solo la metà delle cose che avrei potuto dire. È un lavoro ingrato e sgradevole, ma è servito a fare sposare due ragazze; non era mai successo a un commentatore e penso che non capiterà più.
Addio, signora, sopportiamo la vita, che non è gran cosa; non temiamo la morte, che non è niente affatto, e siate persuasa che il solo mio rammarico è di non potermi intrattenere con voi, e assicurarvi, nel vostro convento, del mio rispetto assai tenero e assai sincero, e del mio affetto inviolabile.
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