Il ballo dei Tassi


"Il ballo dei Tassi"    (Le bal des if)

di Elena Malaffo

Ricostruzione di un evento mondano tra i più leggendari della storia del Regno di Francia, secondo le cronache storiche dell’epoca e le rappresentazioni artistiche successive, con l’aggiunta di un pizzico della fantasia interpretativa di scrittori celebri e meno noti.


  

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Se col potere della immaginazione infantile siete mai stati in grado di far muovere oggetti senz’anima o di dar vita a creature improbabili, certo sarete curiosi di sapere che, in una notte del lontano 1745, anche gli alberi danzarono alla corte del Re...

Le nozze del delfino Luigi - figlio dell’allora sovrano Luigi XV e della regina di stirpe polacca Maria Leczinska - con l’Infanta di Spagna Maria Teresa Raffaella ebbero luogo nella cappella reale di Versailles il 23 febbraio 1745. Per questa occasione una serie incredibile di celebrazioni si protrassero fino al successivo Martedì Grasso, ma il gran ballo in maschera che si tenne la sera di giovedì 25 sarebbe presto divenuto leggenda: di esso si conserva addirittura un’immagine precisa, una sorta d’istantanea dell’epoca, nel disegno - poi trasformato in stampa - ad opera della celebre famiglia Cochin. Il titolo, didascalico, recita “Décoration au bal masqué donné par le roi dans la grande galerie du château de Versailles, à l’occasion du mariage de Louis, dauphin de France, avec Marie Thérèse, infante d’Espagne, la nuit du 25 au 26 février 1745 ". L’artista ci mostra una fila di figure sedute per terra che mangiano e la moltitudine dei partecipanti a viso nudo o mascherati : Arlecchini, Pierrots, Scaramouches, Persiani in lunghe vesti, Turchi con grandi turbanti, Indiani, maghi, pastorelle, ninfe, dee che confondono i loro colori e le loro forme bizzarre.

Versailles fu illuminato a giorno sia all’interno che all’esterno e le carrozze che si affollavano sull’avenue de Paris verso le undici e mezzo certo poterono osservare la facciata del palazzo rischiarata da migliaia di candele, le quali venivano sostituite senza posa per mantenere un tale spettacolare effetto. Il gran numero di persone che si radunarono nei cortili del castello può essere spiegato solo dal fatto che la partecipazione a questo ballo in maschera non era sottoposta ad invito, ovvero chiunque avrebbe potuto accedere ai saloni; gli uscieri avevano, infatti, la consegna di lasciar entrare tutti coloro che si presentavano, alla sola condizione che almeno uno per ogni gruppo si scoprisse il viso e lasciasse registrare il proprio nome. Gli uomini avevano l’obbligo di portare la spada, ma questa regola risultò essere piuttosto arbitraria: tutti sapevano che il concierge del palazzo aveva organizzato una piccola attività per il noleggio di spade ai possibili ospiti. Ben presto i cordoni di controllo furono sfondati dalla folla pressante, ammassata presso la scalinata di marmo e nel cortile della cappella, che penetrò negli appartamenti dai due lati. La galleria degli specchi fu in poco tempo invasa da una moltitudine di maschere, cinque o seicento persone si sedettero per terra nell’Oeil de boeuf, in attesa dell’apertura ufficiale delle danze.

Particolare attenzione era stata prestata all’allestimento dei buffets alle due estremità della galleria degli specchi e presso la scalinata degli ambasciatori: poiché avrebbero dovuto essere consumati durante le prime ore del venerdì, essi offrivano un vasto menu “di magro”, che includeva una grande varietà di pesci, tagliati in tranci o composti in paté, frutta fresca e confetture. Il salone d’Ercole, dove suonava l’orchestra principale, era invece dedicato al ballo. Tale appartamento, da poco tappezzato di damascato rosso, era illuminato da girandole di puro argento, una delle quali sparì molto probabilmente nelle tasche di qualche abile ospite, tra i quali si potevano contare anche personaggi illustri, come il pretendente al trono d’Inghilterra Carlo Edoardo.

Verso mezzanotte la regina fece il suo ingresso negli appartamenti da una porta a specchio, senza maschera e abbigliata con uno splendido abito bianco tempestato da grappoli di perle, mentre i due celebri diamanti Régent e Sancy facevano bella mostra di sé nella sua acconciatura. Con lei entrarono anche il delfino, mascherato da giardiniere, e la delfina, vestita da graziosa fioraia. A chiudere il piccolo corteo, il duca e la duchessa di Chartres, che avrebbero danzato la quadriglia con i loro cugini. La delfina si era mostrata particolarmente brillante aprendo il ballo del mercoledì sera, con una padronanza assoluta di minuetti e passe-pieds, ma tale abilità le avrebbe procurato una piccola disavventura il giorno successivo. Danzò molto, infatti, con un cavaliere mascherato, talmente a modo e al corrente dei pettegolezzi che circolavano alla corte di Madrid, che fu da lei scambiato per un grande di Spagna. Non volendo rivelare la propria identità, il misterioso cavaliere lasciò il ballo piuttosto presto, nonostante il marchese di Tessé, egli stesso un grande di Spagna, avesse finito per invitarlo a cena per via della sua amabile conversazione. L’indomani, però, si scoprì che il misterioso hidalgo altri non era che il cuoco spagnolo della signora di Tessé... Altri “incidenti” ebbero luogo a causa del grande affollamento. La principessa di Conti, madre della duchessa di Chartres, stanca del tanto danzare, decise di sfilarsi la maschera nella sala da pranzo, immaginando che qualcuno, identificandola, si sarebbe preoccupato di cederle il posto a sedere. Nessuno fece cenno di riconoscerla e nessuno le prestò la minima attenzione: la principessa, scandalizzata da tanto ardire, se ne andò furiosamente, pare mormorando parole poco edificanti in direzione dei commensali.

Ma il re non si era ancora visto e qualcuno più degli altri attendeva la sua apparizione alla festa: Madame d’Etiolles, futura colta amante del sovrano e universalmente conosciuta come Madame de Pompadour, sperava di poter incontrare il volubile e affascinante Luigi XV. Come quasi tutte le altre giovani partecipanti al ballo... L’astro della giovane Jeanne Antoinette, mascherata da Diana cacciatrice, sarebbe sorto da questa pubblica occasione, tanté che persino Voltaire avrebbe più tardi inviato alla bella fortunata un madrigale, il cui linguaggio cifrato poteva essere chiaro solo agli iniziati, ma che celebrava senza dubbio questa stella nascente:



Quando Cesare, questo affascinante eroe,
Del quale Roma era idolatra,
Vinceva il Belga o il Tedesco,
Tutti si rallegravano con la divina Cleopatra.
Questo eroe degli amanti tanto quanto dei guerrieri
Univa il mirto al lauro
Ma il Tasso è oggi l’albero che onoro
E da qualche tempo io lo preferisco assai più
Ai lauri sanguinanti del fiero Dio delle battaglie,
Ed ai mirti di Citera.

All’improvviso le porte degli appartamenti reali si aprirono e ne uscirono un po’ barcollando otto strane figure verde scuro - perfettamente identiche, che dovevano rappresentare i tassi del parco adiacente al castello e che erano, infatti, modellati a tal guisa, in forma di vaso su un piedestallo. Due buchi al posto degli occhi permettavano ai mascherati di vedere. L’idea pare fosse venuta allo stesso Luigi XV, che amava soprendere i propri sudditi e confondere le fanciulle desiderose di entrare nei suoi favori. Lo stratagemma ebbe successo e gli otto tassi furono subito circondati da una folla di donne ambiziose: "la folla delle pretendenti è infinita", commentò l’abate de Bernis, dal momento che l’ultima grande amante del sovrano, Mme de Châteauroux, era scomparsa da qualche tempo.

La mascherata causò una gran confusione, che dovette far sorridere il re, ma che fece anche delle vittime illustri : la graziosa presidentessa de Portail divenne presto lo zimbello della corte, poichè non aveva perso occasione per appartarsi nei piccoli appartamenti con uno dei tassi, credendo che fosse il re, ma scoprì con sconcerto e vergogna che di tale importante personaggio non si trattava. Il re infatti era ancora nella sala da ballo e, toltosi la soffocante maschera, stava discorrendo amabilmente con l’inviatissima madame d’Etiolles. Il fazzoletto era stato gettato...


 

 

 

 

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